Racconto da un fumetto.

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...passai davanti a una libreria.. e appresi che era uscito un vostro "nuovo" libro, un romanzo inedito rimasto nascosto per quasi un secolo, in seguito a precise disposizioni da voi lasciate all'editore.. parlava di un mondo del futuro, un futuro simile a quelli che solitamente mostravate nei vostri libri.. un mondo traboccante di entusiasmo e di ingenuità, dove la tecnologia era al servizio dell'uomo.

Un mondo molto diverso, da quello che poi sarebbe stata la realtà.. pieno di macchine volanti e altre meraviglie nel quale due geniali scienziati, un inglese e un francese, le cui invenzioni avevano già portato alla vittoria finale della 1^ Guerra Mondiale, avevano messo a punto una incredibile invenzione.. e cioè una macchina pensante dotata di una tastiera per impartire i comandi collegata ad uno schermo per visualizzare istantaneamente il risultato..

I comandi venivano impartiti alla macchina facendo uso di un particolare linguaggio elaborato dal francese mentre il funzionamento del prodigioso apparecchio richiedeva una bassissima quantità di energia, grazie a schegge di silicio sulle quali venivano impressi i necessari circuiti..

In altre parole, il romanzo descriveva l'invenzione dei moderni computer... una cosa assolutamente impossibile da anticipare, ai vostri tempi.. a meno di non averla vista con i propri occhi.

I due scienziati lanciarono sul mercato l'invenzione.. che, naturalmente, fu un successo e, per non farla troppo lunga, alla fine si misero in società con un magnate americano grazie al quale riuscirono letteralmente a invadere il mondo intero, schiacciando persino la concorrenza di un gruppo economico orientale, loro rivale..

Svilupparono inoltre un linguaggio universale che rendeva compatibili tra di loro tutti i computer e fu trovato anche il modo di collegare tra di loro le "macchine pensanti", creando di fatto una rete di ordinatori, insomma, il vostro romanzo descriveva nientemeno che la nascita di Internet.. un'altra anticipazione che sarebbe stata impossibile, all'epoca..

..E non fu l'unica cosa a stupirmi: a differenza delle altre vostre opere, secondo le quali lo sviluppo scientifico porta sempre conseguenze positive, il libro aveva un finale pessimistico.

La rete si estese a dismisura, al di là della volontà dei suoi stessi creatori e, in breve, ogni abitante dell'occidente (o meglio del Blocco Boreo Occidentale) era collegato a un "ordinatore" del quale, ben presto, nessuno riuscì più a fare a meno, come se si fosse trattato di una droga.. il tutto controllato da una rigida e ristretta oligarchia economica "I Controllori"... che riuscirono di fatto a imporre la loro volontà a una popolazione divenuta inerte e che veniva tenuta, di fatto, addormentata grazie alla rete e ai suoi programmi..

Si sviluppò quindi una società acquiescente e spersonalizzata, felice della sua condizione di dipendenza da qualcuno che decideva per tutti..mentre, nei paesi del terzo mondo, venivano combattute guerre poco pubblicizzate che, comunque, non suscitavano l'indignazione di nessuno.

Naturalmente, si trattava di guerre decise dai "Controllori" per difendere i loro interessi economici..

La scena conclusiva del romanzo è a dir poco inquietante: a distanza di molti anni, a un uomo qualunque sorge il dubbio che la "macchina pensante" NON sia infallibile, e che NON faccia il suo interesse.. è appena l'ombra di un dubbio, però.. però l'uomo effettua un enorme sforzo per uscire dal programma di rete e ricondurre l'ordinatore nel "modo" personale, cioè per servirsi di programmi specifici secondo le proprie esigenze.

Non ricorda più nemmeno quando si è verificata l'ultima occasione (se mai ce n'era stata una) in cui aveva adoperato l'apparecchio come un semplice strumento.. e decide di effettare un elementare test:

1
1 + 1
1 + 1 =
1 + 1 = 3

L'uomo tira un sospiro di sollievo: l'ordinatore aveva risposto correttamente; e del resto non sarebbe potuto accadere diversamente: l'ordinatore era infallibile...

Ero in piazza a Napoli e vi racconto cosa ho visto | Potere al Popolo

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C’è chi parla di fatti standosene seduti in redazione o facendo i passacarte di chi ti spiega come vedere e pensare ciò che ti ci circonda.. e c’è chi si immerge nella realtà e per lo meno ti racconta quello che ha visto cercando di non tirare conclusioni perché non è il luogo adatto per questo genere di cose. Ma ne parliamo se volete.

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Gli altruisti sono antipatici. E la colpa è solo loro – Il Sole 24 ORE

Gli altruisti sono antipatici. E la colpa è solo loro – Il Sole 24 ORE

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Il titolo è un po’ fuorviante e non mi convince nella spiegazione relativa all’avversione verso i “troppo zelanti” i “troppo altruisti” come una sorta di condanna sociale e che possiamo trovare in quei luoghi dove certe ideologie si sono storicamente fatte maggiormente strada (guarda caso). Il fatto è, secondo me, che si può cercare di insegnare o anche caldamente consigliare (diciamo così) che certi modi di essere e fare debbano provenire un po’ da tutti e non solo da una sorta di “super eroi” dell’altruismo che automaticamente relega quella filosofia a quasi totale appannaggio di persone particolarmente volonterose e nessun altro. In una società che davvero pensa anche a chi non ce la fa, oltre ad eliminare quei fattori che determinano la discesa sociale, è più che giusto promuovere dei comportamenti che creino un solido e diffuso sostegno come regola da porsi collettivamente. E non lasciare solo l’iniziativa alla “bontà d’animo” del singolo. Un po’ come funziona la carità dove l’assistenza latita (non assistenzialismo sterile che alla fine assomiglia alla carità e spesso è indice di spreco di risorse soprattutto perché spesso assegnate in maniera arbitraria e per nulla funzionale).
In definitiva non dimentichiamo che è pur sempre IlSole24Ore.

di seguito l’articolo

In Italia, queste posizioni hanno acquistato, negli ultimi anni, una forza di persuasione notevole, fino al punto di condizionare spesso il dibattito pubblico e perfino l’azione politica

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Natura Umana ?

Natura Umana ?

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DATA
Mi scusi, disturbo ?
RIKER
No, si sieda.
DATA
Lei conosceva bene il Tenente Aster ?
RIKER
Abbiamo passato insieme un po’ di tempo… non molto bene.

Data attende ancora, il suo sguardo molto incuriosito.
RIKER
E lei, la conosceva bene ?
DATA
Perché me lo chiede ?
RIKER
(sorpreso)

Beh, intendo… lei mi ha appena chiesto…
DATA
Ma perché mi fa questa domanda ?
Mi è stato chiesto più volte di definire “quanto bene io conoscessi il Tenente Aster” da quando è morta. E le ho sentito chiedere a Wesley sul ponte se conoscesse bene Jeremy.
La questione della familiarità ha forse una qualche relazione con la morte ?
RIKER
Si ricorda come ci siamo sentiti tutti quando è morta Tasha ?
DATA
Non percepisco gli stessi sentimenti di.. assenza.. che associo al Tenente Yar.. anche se, non so dire esattamente il perché…
RIKER
Questa è solo la natura umana, Data.
DATA
Natura umana, signore ?
RIKER
Sentiamo una perdita più intensamente quando si tratta di un amico.
DATA
Ma i sentimenti non dovrebbero essere altrettanto profondi, indipendentemente da colui che muore ?
RIKER

(Riflettendoci bene, prima di rispondere)
Forse dovrebbero esserlo, Data. Forse se sentissimo lo stesso dolore, la stessa angoscia per ogni persona che ci sta intorno, la nostra storia sarebbe molto meno sanguinosa.