Ero in piazza a Napoli e vi racconto cosa ho visto | Potere al Popolo

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C’è chi parla di fatti standosene seduti in redazione o facendo i passacarte di chi ti spiega come vedere e pensare ciò che ti ci circonda.. e c’è chi si immerge nella realtà e per lo meno ti racconta quello che ha visto cercando di non tirare conclusioni perché non è il luogo adatto per questo genere di cose. Ma ne parliamo se volete.

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Capolavori della politica italiana

Capolavori della politica italiana

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Lo dicevo da anni, da quando in Italia iniziarono le privatizzazioni. E ora l’ennesimo capolavoro della politica italiana e degli italiani.

Uno direbbe: sono stanco di avere ragione.
No, io vorrei essere solo incosciente e miope, però poi se ripenso alle mie discussioni con persone che conosco non posso dire che siano incoscienti… magari miopi, però dovrei riconoscere un certo grado di incoscienza e di inesperienza con le dinamiche della politica e degli italiani.

Per cui penso proprio che se fossi come dicevo alla fine ci starei male ugualmente, cosa che non accade minimamente ai paladini di questo o di quel “nuovo messia” che esce fuori quando i tempi e gli italiani sono pronti e ben lubrificati (però secondo me apprezzano anche il bondage politico).

Ho pubblicato questo breve intervento di Giorgio Cremaschi perché in fondo dice le stesse cose che affermo.
E se da un lato è spiacevole dover leggere quello che con la moda del momento doveva essere un’Italia distopica divenuta realtà, dall’altro ho la magra consolazione di credere di avere ancora la mente analitica abbastanza attenta e non addormentata.

Chiuso con l’autoerotismo intellettuale, c’è appunto da chiedersi quale sarà la prossima mossa. Lo abbiamo saputo subito: il PD vuole una legge elettorale che porti lo sbarramento al 5% con il “diritto di tribuna”, un astuto escamotage che giustifica la chiusura a tutte quelle voci che non volendosi rassegnare a smettere di votare pensano di poter eleggere qualcuno che li rappresenti.

E in Italia fatti un po’ di conti, tenuto presente chi è proprio refrattario a qualsiasi impegno politico, questo 4,99% rappresenterebbe in realtà un buon 20-25% del corpo elettorale.

E’ un problema? Per loro no, perché meno giocatori ci sono più è probabile incassare il jackpot in mezzo alla tavola.


Non interessa al PD, il quale se dovesse veder perdere i propri consensi cambierebbe nome e si approverebbe uno statuto ancor più neoliberista (se possibile).

Non interessa la Destra tutta, da sempre votata alla limitazione di quelle libertà il cui nome ficca dappertutto senza dire che si tratta dell’antica democrazia censitaria.

E’ un problema del singolo parlamentare ? No, come è successo anche dalle mie parti basta cambiare casacca e farsi presentare dal partito che in quel momento va più forte degli altri: stessa persona, diverso simbolo.
La libertà di Guzzantiana memoria “facciamo un po’ come cazzo di pare”.

Allora se è tutto così scontato, così immodificabilmente e irrimediabilmente rovinato, perché non arrendersi come tanti ?

Ebbene, primo perché in questo mondo, volente o nolente, ci vivo ancora e come la maggior parte di noi ne subisco gli effetti.
Secondo perché non riesco a spegnare la mente e il senso critico. Non ho un interruttore che ripongo nel cassetto chiuso a chiave per poter dire: ma sì, che me ne frega ? Cerco di stare meglio che posso, fanculo tutti.

Oppure dico a tutti che non mi interesso di politica quando mi devo mettere in difesa per poi gridare a squarciagola MUORI ! CHI TI PAGA ?? MAAALOOOX, o adoperare gli evergreen “immigrati”, “scie chimiche”, “massoneria”, “Euro e Lira” o i benaltristi “E ALLORA” e via con fiumi di Bibbiano, marò e via dicendo.

Immagino già qualcuno che ghignerà appellandomi come poveretto.. lui, l’amima generosa e bella soffre quando magari non dovrei averne motivo per qualche oscura ragione che naturalmente conosce solo lui se ne ha una (sottintendendo che magari sono il solito radical chic e dimostrando ancora una volta di non sapere nemmeno di cosa parla).

Perché poi di fronte al macello di questa società, è sufficiente lamentarsi senza mai farsi una domanda alla seria ricerca di una risposta. Che poi perché devi cercare qualcosa quando le risposte ti arrivano proprio da coloro che dici di criticare ?

Come in quella vecchia vignetta di Andy Kapp dove una giovane ragazza che non sapeva come riconoscere l’uomo giusto chiedeva lumi a Flo, moglie di Andy: “è stato semplice, me l’ha detto lui!”

Ricordo.

Ricordo.

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Ricordo quel giorno. Un’edizione straordinaria, tante macerie, la gente dall’espressione terrorizzata, incredula, qualcuno che si muoveva dando l’idea che stesse facendo qualcosa e magari era così o solo per avere l’impressione di poter fare qualcosa. I vigili del fuoco e le forze dell’ordine, la voce del commentatore televisivo. Un tono che tanto e troppe volte avrei riascoltato nelle ritrasmissioni dei filmati d’epoca.. nelle tante e troppe tragedie che hanno sconquassato la nostra storia recente.

Frecce di carta nel muro

L’orologio fermo. Diventerà il simbolo ma, non sono molto sicuro che sia il simbolo di una strage di innocenti, piuttosto del tempo che si è fermato e da allora non è più ripartito. Per loro che sono morti, per i loro cari, per la nostra idea di libertà, per la nostra idea di democrazia, ma soprattutto l’ennesimo orologio rotto nel tempo della giustizia. Che non è quella con la bava verde che oggi vorrebbe impiccato qualcuno anche solo per un divieto di sosta, bensì quella dovuta alla dignità e al senso di anche una sola vita di un essere umano (ma direi vivente) strappata via per cosa ? Qualcosa di più grande ? E cosa sarebbe questa cosa più grande ? Perché poi vai a intravedere (perché non vedrai mai tutto il quadro completo, puoi intuirlo. sì ma qualcuno beffardamente ti farà notare che non saprai mai) ed è sempre il vantaggio di quei pochi da sempre e per sempre (?)

Nelle nostre case al sicuro (?)

Ricordo i miei genitori che guardavano attoniti la tv. Come la guardarono anni prima, attoniti, forse come mi sentivo anche io che pure avevo solo 13 anni ma se ci vado a pensare indietro coi ricordi, mi ritrovo ancora ad aver paura, terrore, non ci dormivo la notte.

C’era una trasmissione allora, era il 1974, si chiamava “A-Z un fatto, come e perché”. La sua sigla era una musica che assomigliava ad una nenia (riascoltandone l’introduzione ho scoperto che erano degli archi) che ti entrava nel cervello e non ho più potuto separarla dalle immagini di poveri corpi coperti da lenzuola e senza vita. Pezzi di arredo stradale sparsi in giro per la piazza. Le solite persone che girano in mezzo a tutto questo e tu da ingenuo ignorante non capisci se siano solo curiosi, investigatori, volenterosi o magari solerti depistatori.

Un fiume che tutto travolge. Ma a qualcuno di più.

Quarant’anni. Passati invano qualcuno direbbe nelle sue cronache. Ma non è retorica, è la verità. Perché come è già successo in altri episodi, le responsabilità sono fumose, i personaggi una sagoma anonima di cartone, alcuni muoiono per cause naturali o per malattia, ben sapendo che anche se non saranno mai giudicati da nessuno, comunque un’assoluzione, qui sulla terra, qualcuno gliel’avrà comminata in qualche modo. Chi siamo noi per indagare quegli oscuri disegni, dopotutto ? E coloro che son rimasti impigliati nelle maglie di ciò che rimane della giustizia, col tempo vivono una vita migliore della tua. Mentre la tua vita è rimasta segnata da quei fatti.. è l’economia dell’universo (mi diceva qualcuno) ma i conti non ci tornano mai. Pensa un po’ se son tornati a chi quel mattino è uscito per partire o per andare a prendere chi tornava… e non è mai più tornato.

Sardine in scatola

Sardine in scatola

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Dopo le liste civetta, i movimenti sardine

Hanno resistito poco. Le sardine alla fine si sono scoperte come i soliti pesci sotto sale. Su FB i gruppi sono fioccati numerosissimi e affollati nel giro di pochissimi giorni.

Non si è trattato solamente del passaparola, dalla prima città dove il “fenomeno” è in teoria partito, sono state organizzate in men che non si dice manifestazioni sparse da Nord a Sud.

La novità avevano detto. E forse di novità, ma nemmeno tanto, è potuto essere solo il numero di persone scese in piazza in un periodo in cui la cosiddetta opposizione al Salvinismo era stato lasciamo alla flaccidità di un centrosinistra troppo preso tra le divisioni e ricomposizioni interne e l’inseguire la destra nelle sue politiche neoliberiste.

Bastava andare dentro un gruppo e leggere non tanto i link pubblicati che bene o male erano da richiamo, quanto piuttosto i commenti pubblicati sotto di essi.

Parola d’ordine “antifascista” oppure “né di dx né di sx”

La parola d’ordine è “antifascismo” ma non hanno tardato coloro che han tenuto a puntualizzare che oltre ad essere antifascisti bisognasse essere anche anticomunisti.

Fino a dichiarare che la resistenza  antifascista aveva così tante sfaccettature che quella socialcomunista alla fine era marginale e comunque tranquillamente trascurabile ai fini degli esiti della guerra di liberazione.

Non vi viene in mente il già sentito “né di destra né di sinistra” ? O similarmente “non esiste né la destra né la sinistra” ?

Erano gli slogan del Movimento 5 Stelle che ha provato sulla propria pelle, quanto questi assiomi fossero tragicamente fallaci alla prima seria prova legislativa su argomenti che andavano a toccare interessi di una certa consistenza.

E ancora, sarà per questo che quasi in contemporanea il PD tramite Zingaretti si è definito “antifascista”

Bisogna dire anche, come normale che fosse, che le sardine si son trovate tra i loro branchi, pesci provenienti dai mari più disparati.

Ma mentre era normale che chi puzzasse di centro-destra venisse subito individuato e scoraggiato, coloro che han tentato di indirizzare le sardine verso una coscienza politica che non si arrestasse a semplici principi generici e ai richiami alla politica “educata”, sono stati bollati come estremisti alla stregua dei fascisti.

Anzi l’appellativo fascista è diventato sinonimo di pensiero radicale. E non importa da quale area politica questo provenga. “La canti diversa dal coro ? Sei fascista !”

E via col ban.

Il solito voto utile

Io sinceramente dopo aver visto queste cose me ne sono uscito senza alcun rimpianto. Ma la sorpresa che poi sorpresa non era, è stata quando parlando delle elezioni in Emilia Romagna, è tornato sugli scudi il tema del voto utile.

E quando si parla di voto utile e non si vota Lega, FdI o Forza Italia, chi è il paladino salvatore della patria ?
Esatto: il PD.

Ed ecco che cade la maschera e quello che poteva almeno vedersi come uno scuotersi dal torpore dell’inattività politica da parte del cittadino medio, si è rivelata essere la solita trappola-chiamata-alle-armi del Partito Democratico, molto avvezzo a queste pratiche.

Ve li ricordate i girotondi ?

Ricordate i personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura, anche della musica che presero più o meno posizione contro il berlusconismo imperante in quegli anni, trascinando con loro molti cittadini e scrollandoli dal sonno di vent’anni di regno dell’Homo Arcorensis.

Dopo un certo periodo in cui questi cercavano di muovere il maggior partito di opposizione da una deriva di impotenza parlamentare autoindotta, un bel giorno in TV arrivò un certo D’Alema, che con il suo solito sorrisetto affermò “E’ tempo che la politica si riappropri del suo ruolo”.

Come dire: ok, va bene.. abbiamo capito, vi siete anche divertiti, avete avuto il vostro proverbiale quarto d’ora di celebrità…, ma adesso, i bambini tutti a casa che tornano gli adulti.

Ecco, anche se allora le tematiche guardavano più alla legalità da un lato e il decoro dall’altro (perfettamente disegnato sui margini del modello berlusconiano), stavolta le sardine sono partite dall’antifascismo, da una politica con la camicia dentro in pantaloni e il bavero piegato bene.

Programmi economici ? Nemmeno l’ombra.

Insomma, crisi occupazionale, salari che si riducono, lavoro precario e sicurezza sul lavoro inesistente, però. Però civilmente educati.

Qualcuno ha detto che le sardine non fossero altro che il PD dei giovani ma senza la faccia di Renzi che oramai ha anche una certa età e non è più credibile.

Sono sicuro che molti non se ne rendono conto e magari cercano di sognare qualcosa di diverso e più efficace di un semplice accontentarsi di battere Salvini nelle piazze e permettere al PD di farlo nelle urne.

Purtroppo però per loro, se non si attapperanno le orecchie e diranno “lalalalalala non sento” capiranno ben presto che tutto si sgonfierà dopo le tornate elettorali e tanti dei capi, quelli almeno che avranno visibilità andranno a rimpolpare le file dei Giovani Democratici.

Spero di sbagliarmi, ma sfortunatamente per questo genere di cose, è successo raramente.

Tutti insieme appassionatamente

E se il buongiorno si vede dal mattino, allora diventa indicativo persino che una craxiana di ferro prima (“Voto PSI perché Bettino mi ha promesso che…”) e poi candidata con Letizia Moratti nel 2011 come Ornella Vanoni, sia accettata con tutti gli onori dopo il suo outing verso le sardine.

Va bene un link del PdC Conte che “umilia” Salvini (un titolo che ricorda tanto quello di stampo grillista), dimenticando che Conte è stato al governo con Salvini.

E poco conta che ogni tanto qualcuno tiri fuori una bandiera rossa, o un Che Guevara con l’immancabile commento che richiama i crimini dei rossi comunisti mangia bambini.ù

Per finire, tra le sardini trovi qualsiasi tipo di pesce a partire da Conte, per approdare quindi alla Vanoni, al Papa, Guevara, Pertini, Berlinguer e una spruzzata di Bella Ciao, mentre c’è chi raccomanda di utilizzare come inno “Nata sotto il segno dei Pesci” di Venditti.

Insomma, tutti uniti contro la deriva salviniana, mentre si continua a non capire che Salvini al governo ce lo porterà proprio il PD con le sue politiche contro il lavoro e coloro che sono davvero i più colpiti dalle politiche incentrate sull’austerità tanto care alla UE.

E allora per citarne un altro, diremo: chi vivrà. vedrà.


Nazionalizzare. Sì, le perdite.

Nazionalizzare. Sì, le perdite.

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Ovvero come faccio finta di risolvere un problema regalando soldi ai privati.

Una storia già vista

Alitalia, una storia già vista e raccontata. Una società che è diventata, se possibile, la miglior rappresentazione di come le aziende che siano pubbliche o privatizzate, vengono gestite secondo il solito concetto del “vieni a sederti a tavola ché bene o male qualcosa se magna”.
Tanto poi per chi paga, non sarebbe nemmeno tanto corretto usare il proverbiale “noi”, perché non è vero che le tasse le paghiamo tutti e soprattutto non secondo la reale capacità contributiva di ciascuno di quel “noi”.
Salariati, partite IVA sfigate, autonomi e piccole imprese (timorose di diventare quasi come quelle foto che le polizie sudamericane mostrano su tutti i giornali per far vedere come il loro governo combatta “davvero” la droga).

Certamente uno potrebbe obiettare che secondo i numeri, i grandi contribuenti sono le grandi imprese.
Ma se qualcuno ha studiato l’economia spicciola delle scuole superiori, capisce immediatamente quanto questo contributo risulti piuttosto marginale rispetto a quello dei minori.
Per non parlare poi delle multinazionali che versano percentuali inferiori alle dita di una sola mano…

E siamo daccapo

Detto questo, puntuale come la morte (le tasse no, se avete letto qui sopra) arriva l’immancabile notizia dell’imminente chiusura di Alitalia.
Se prima il must era quello dell’orgoglio nazionale, paravento dei cosiddetti populisti (vedi di qualsiasi posizione nei sedili del Parlamento, ora c’è quello della responsabilità(**).
E io già mi chiedo quale sarà la prossima parola d’ordine anche se già potrei anticipare un “però stavolta per davvero, dài”.

Fatto sta che come allora, dopo il riapparire della parola “nazionalizzare” torna di nuovo il tanto amato adagio che recita onori privati e pubblici oneri. Qualcosa che anche un sincero ed onesto europeista fedele alle direttive del Politburo economico (in questo caso quello bbbuono) di Bruxelles, riconoscerebbe come aiuto di Stato a imprese private.

Praticamente con Berlusconi lo Stato (leggasi: i partiti al governo che poi cambiano di volta in volta in quanto lo Stato siamo tutti noi e sarà sempre quello fino a che durerà) ha diviso Alitalia in una “bad Company”(coi debiti) e una buona (la parte verniciata a nuovo e ripulita a bilancio), la prima sul groppone di tutti noi. La seconda di nuovo gettata tra le braccia di fantomatici “capitani (d’industria) coraggiosi” che di coraggioso avevano solo la faccia nel farsi chiamare così.

Ministero dello Sviluppo Economico.
Ok, ma di chi ?

Come da copione, dicevamo, la pacchia è durata poco, il fondo del barile raschiato ancora e siamo tornati al punto di prima.
Ma noi che di fantasia ne abbiamo tanta, anziché in due parti stiamo già pensando di dividerla in 3. Però stavolta con un commissario anziché i due di allora, o magari i potenziali tre di stavolta. Siamo o non siamo finalmente diventati virtuosi ?

Il paese del lamento e della moderazione orientata

Ma intanto teniamo buoni i tanti che votano per quel partito che “se non ci fossimo stati noi, in Italia sarebbe scoppiata la rivoluzione”.
Costui forse mente sapendo di mentire o non conosce affatto il popolo italiano: la maggior parte si lamenta ma poi basta il classico piatto di lenticchie per concederti di nuovo le sue pudenda. Ma con un grandissimo sospiro !

Che poi a me sinceramente starebbe un po’ sulle palle sentire il coro di quelli che E IO PAGO ! quando con un colore o con l’altro, questi non hanno fatto altro che votare questa economia che altro non sa e non può fare, se non ancor peggio. Ma…c’è sempre tempo 😉

P.S. a proposito, io terrei d’occhio anche FF.SS., Ilva, Autostrade etc.etc.