Ricordo.

Ricordo.

Hits: 71

Ricordo quel giorno. Un’edizione straordinaria, tante macerie, la gente dall’espressione terrorizzata, incredula, qualcuno che si muoveva dando l’idea che stesse facendo qualcosa e magari era così o solo per avere l’impressione di poter fare qualcosa. I vigili del fuoco e le forze dell’ordine, la voce del commentatore televisivo. Un tono che tanto e troppe volte avrei riascoltato nelle ritrasmissioni dei filmati d’epoca.. nelle tante e troppe tragedie che hanno sconquassato la nostra storia recente.

Frecce di carta nel muro

L’orologio fermo. Diventerà il simbolo ma, non sono molto sicuro che sia il simbolo di una strage di innocenti, piuttosto del tempo che si è fermato e da allora non è più ripartito. Per loro che sono morti, per i loro cari, per la nostra idea di libertà, per la nostra idea di democrazia, ma soprattutto l’ennesimo orologio rotto nel tempo della giustizia. Che non è quella con la bava verde che oggi vorrebbe impiccato qualcuno anche solo per un divieto di sosta, bensì quella dovuta alla dignità e al senso di anche una sola vita di un essere umano (ma direi vivente) strappata via per cosa ? Qualcosa di più grande ? E cosa sarebbe questa cosa più grande ? Perché poi vai a intravedere (perché non vedrai mai tutto il quadro completo, puoi intuirlo. sì ma qualcuno beffardamente ti farà notare che non saprai mai) ed è sempre il vantaggio di quei pochi da sempre e per sempre (?)

Nelle nostre case al sicuro (?)

Ricordo i miei genitori che guardavano attoniti la tv. Come la guardarono anni prima, attoniti, forse come mi sentivo anche io che pure avevo solo 13 anni ma se ci vado a pensare indietro coi ricordi, mi ritrovo ancora ad aver paura, terrore, non ci dormivo la notte.

C’era una trasmissione allora, era il 1974, si chiamava “A-Z un fatto, come e perché”. La sua sigla era una musica che assomigliava ad una nenia (riascoltandone l’introduzione ho scoperto che erano degli archi) che ti entrava nel cervello e non ho più potuto separarla dalle immagini di poveri corpi coperti da lenzuola e senza vita. Pezzi di arredo stradale sparsi in giro per la piazza. Le solite persone che girano in mezzo a tutto questo e tu da ingenuo ignorante non capisci se siano solo curiosi, investigatori, volenterosi o magari solerti depistatori.

Un fiume che tutto travolge. Ma a qualcuno di più.

Quarant’anni. Passati invano qualcuno direbbe nelle sue cronache. Ma non è retorica, è la verità. Perché come è già successo in altri episodi, le responsabilità sono fumose, i personaggi una sagoma anonima di cartone, alcuni muoiono per cause naturali o per malattia, ben sapendo che anche se non saranno mai giudicati da nessuno, comunque un’assoluzione, qui sulla terra, qualcuno gliel’avrà comminata in qualche modo. Chi siamo noi per indagare quegli oscuri disegni, dopotutto ? E coloro che son rimasti impigliati nelle maglie di ciò che rimane della giustizia, col tempo vivono una vita migliore della tua. Mentre la tua vita è rimasta segnata da quei fatti.. è l’economia dell’universo (mi diceva qualcuno) ma i conti non ci tornano mai. Pensa un po’ se son tornati a chi quel mattino è uscito per partire o per andare a prendere chi tornava… e non è mai più tornato.

Alla fine suonò la sveglia.

Alla fine suonò la sveglia.

Hits: 76

Non ricordo l’anno, ma se dovessi ragionarci su, tenuto conto che il primo allargamento avvenne nel 1973, probabilmente stiamo parlando degli anni che vanno dal 1975 al 1977.

Io frequentavo ancora le elementari ma ricordo molto bene i manifesti appesi vicino alle cartine dell’Italia fisica e politica. Però se vuoi inculcare un’idea nella mente di qualcuno, cosa c’è di meglio di fargli interpretare visivamente quell’idea fissandola su di un bel “bristol” ?

Così la maestra ci chiese di rappresentare le bandiere dei paesi europei che allora facevano parte di quel patto che iniziò coi Trattati di Roma. Già bell’e pronte campeggiavano immagini di persone nei costumi tipici di quegli Stati che si impegnavano a vedersi come un sol popolo. Immagini femminili solitamente, un po’ come qui.

Chissà poi perché proprio immagini di donne. Magari per darti l’idea di un’Europa accogliente, mamma con noi bambini.

Ci impegnammo molto nei nostri piccoli lavoretti. Le parole della maestra, i colori delle bandiere, soprattutto quelle mi rimasero così impressi nella mente che quando ero a casa, le riproducevo e le ritagliavo nei fogli di carta disponendole una vicino all’altra. A volte facevo delle gare, come poi avrei fatto insieme ai miei amici con le figurine Panini di calcio.

Ci ho creduto molto. Ma io ho creduto all’immagine che mi vendettero allora: un’Europa di persone amiche che volevano incontrarsi, che volevano vivere in pace come fratelli.

Ero piccolo, lo so, ma avevo ben chiaro anche a 9-10 anni che il nostro passato era stato costellato di conflitti, di alleanze formate e rotte e poi riaggiustate in qualche modo.

Con quei nostri fratelli poco distanti, dietro quel muro, dove doveva aprirsi una porta, una finestra perché ci fidassimo gli uni degli altri.

Ci ho creduto molto.

Poi giunse il mattino e…

Fu un brutto risveglio.

Ci avevano fregato. Eravamo quei bambini ai quali si promette di comprare lo zucchero filato quando vai alla fiera e poi torni a casa a mani vuote con la solita scusa che “eh, te lo compreremo la prossima volta, su..”

Mi son sempre chiesto se i miei ex compagni di classe avessero memoria dei quei giorni di speranza. Se anche loro vivevano come me il sogno di sorrisi intorno a noi, di strette di mano, di bambini dei quali non riesci ad afferrare bene le parole ma capisci che in fondo volete la stessa cosa: giocare insieme.

Persino gli adulti vengono rappresentati quasi come se stessero giocando o comunque svolgendo un’attività ricreativa e divertente.
[magari sono io che non ne sono capace, ma non riesco a trovare sul web ulteriori immagini promozionali riferite alla costituzione e all’allargamento della Comunità Europea]

Qualcosa è andato storto

Qualcuno disse che a pensar male si fa peccato ma spesso si coglie nel segno e sappiamo tutti che i maestri del savoir vivre, ci insegnano che le opportunità devono essere colte al volo.

A voler essere benevoli, forse all’inizio questa Unione doveva essere qualcosa che potesse assomigliare alla proverbiale Arcadia dei classici, una zona che voleva mostrare al mondo che si poteva vivere in pace e in collaborazione senza stare troppo in Occidente d’Oltreoceano, ma senza ricorrere all’esperienza del collettivismo le cui istanze erano allora molto forti nella nostra società.

Certo è che da un iniziale entusiasmo in cui si poteva intravedere un futuro di cooperazione e di reale conoscenza tra le culture (chi non ricorda quella bella trasmissione che fu “Jeux sans frontières” anche se improntata sul piano ludico?) si è via via scivolati verso un economismo sempre più accentuato.

E’ vero, le premesse almeno nominalmente non potevano dare adito ad illusioni, del resto si chiamava Comunità ECONOMICA Europea ma come accade spesso quando vuoi imbonire qualcuno, devi mostrargli il lato con candeline scintillanti.

Solo che poi le candeline si spengono e resta in mano la cruda realtà. Ed è stata una realtà che si è rivolta come un treno direttissimo verso la contrazione di tutto ciò che di buono esisteva nelle nostre vite.

C.E.E. Contabilità Economica Europea

Così al posto delle persone, le uniche felicità divennero quelle di chi in tutto questo ebbe un beneficio economico senza i proverbiali lacciuoli così tanto odiati da una certa dottrina/ideologia economica.

La grande concentrazione, vuoi di merci che di danaro, han conosciuto negli anni un benessere che solo la nostra cecità può vedere in crisi da oltre dieci anni.

Non seguite le persone, non tutte almeno. Perché quelle hanno alterne fortune e solo poche (relativamente poche ma di solito le stesse) restano sempre in piedi.

Seguite il capitale.
E’ con quello che ci troviamo ogni giorno a combattere e non tanto per mantenere un tenore di vita che diventa sempre più assurdo, ma che va a intaccare anche solo i più elementari bisogni di sussistenza che va dalla cura della salute, all’istruzione alla portata di tutti, a servizi che non distruggano il nostro mondo, alla possibilità di nutrirsi con cibo sano e che non sia solo a buon mercato perché trattasi di spazzatura.

Lo vediamo in giorni come questi, in cui si deve decidere come destinare i soldi che tutti gli anni si accumulano nelle banche che fan capo alla UE (Unione Europea) per far fronte all’ulteriore crisi dovuta alla pandemia che sta attraversando ancora il pianeta.

La legge della savana

Tutti contro tutti, in un gioco di alleanze che van bene oggi e domani non più.
Nessuno che si fida di nessuno e forse han ragione dato che l’unica leva che ci spinge è l’interesse particolare.
Un interesse poi che non è mica di un paese, ma di chi in quel paese gestisce il potere politico e della finanza. Perché se andiamo a vedere poi, i bisogno miei di italiano lavoratore medio, non sono diversi dal mio corrispondente tedesco, spagnolo, francese greco o quel che sia.
Tutti noi vorremmo avere una vita tranquilla, dove lavorare, poter avere sulla tavola tutti i giorni ciò che serve, poterci curare quando occorre, poterci divertire nel tempo libero e soddisfare la propria crescita personale.

Ma a quanto pare queste cose vitali sono diventate un lusso che non ci possiamo più permettere.

E allora anziché esigere una vita tranquilla e degna di essere vissuta senza ricorrere all’eroismo anglosassone o al sacrificio cristiano, che in fondo essendo interesse della stragrande maggioranza dovrebbe riuscire anche facile da ottenere, nella nostra estrema capacità di zapparci i piedi, ascoltiamo coloro che ci spiegano che l’altro è nostro nemico, che vuole vivere agiatamente alle nostre spalle, che ci frena nella nostra innata capacità di risolvere qualsiasi problema da “razza eletta” quale siamo per vivere alle nostre spalle come una sanguisuga.

All’inizio erano gli immigrati, poi i nostri vicini europei oltrecortina dopo la caduta del muro, ora i nostri dirimpettai.

Tutti insieme ci circondano e noi circondiamo loro.
Cosa vogliono da noi ?
Vero è che chiunque sogna una vita migliore di quella che ha, ma mai nessuno che si chieda davvero cosa ha creato queste disparità, quei soldi che nessuno ha fatto sparire nel nulla o ha bruciato ma che esistono da qualche parte.

E anche in quel caso si tirano in ballo entità astratte o comunque accessiorie e funzionali come lo sono le banche che non sono che un luogo oramai nemmeno più fisico dato che la moneta sta diventando sempre più elettronica e sempre meno palpabile da poter decidere quanta ne vuoi davvero in tasca.

Ci serve un nemico e rendiamo visibile un fantoccio per nascondere il tizio sopra che muove i fili. Talmente abituati a guardarci la punta delle scarpe… chi ha più voglia di alzare la testa in alto ?

Non ricordo chi mi disse un giorno che negli Stati Uniti non esistono poveri, ma solo miliardari in temporanea difficoltà economica, però è evidente come anche noi ci siamo fatti trascinare in questo spirito di révanche, da vittoria mutilata, da attaccante trattenuto per la maglietta senza voler vedere che quel braccio che ti trattiene non è di chi sta in campo lì con te, ma ti sta guardando correre dalla tribuna d’onore.

E finiamo per diventarne complici noi stessi, sposandone l’ideologia, sennò poi come fa quel signore che si lamentava di tutto,  piagnucolando sulla condizione del lavoro, a decidere infine che se vuoi sopravvivere in questa vita/savana devi essere spietato ?

Le persone credono meglio di sentirsi degli eroi piuttosto che tirar giù i signori dalla tribuna.
Credo

Credo

Hits: 73

Ogni volta che osservo il comportamento di un animale più o meno “vicino” a noi esseri umani, mi rendo conto di ciò che più o meno tutti ci accomuna. Il desiderio di sopravvivere, la disperazione di una esistenza che oramai riteniamo perduta, l’aggressività, la dolcezza, il gioco ma soprattutto l’affezione ed il modo di esprimerla.

E non parlo solo di mammiferi, parlo di tutte le specie animali che mi sono capitate davanti agli occhi. A volte persino nelle piante.
E ogni volta mi dico: “…è come se tutti rispondessimo ad un codice, un modo, qualcosa che ci spinge verso ciò che unisce…”

Chiamiamolo istinto di conservazione, come cosa più ovvia da fare se vuoi sperare di continuare ad esserci, tu, la tua prole, la tua specie. Quel che vuoi. E capisco anche come possa sembrare avvilente ridurre tutto a un qualcosa di meccanico, utilitaristico senza l’ombra di una luce che ci distacca un po’ dal terreno e dalla materia.

E’ forse scritto nel DNA ? Quella infinita sequenza di nucleotidi che pur seguendo una precisa disposizione è così varia eppure così comune da renderci diversi e uguali allo stesso tempo ?

L’uomo tenta di decifrare questo codice. Noi viviamo di codici da criptare e da decifrare. Come perennemente alla ricerca di qualcosa di prezioso da custodire e nel contempo da rivelare.
Protezione e scoperta, conservazione e condivisione, difesa ed espansione. Termini che portano con loro lati buoni e meno buoni. Dipende sempre dallo scopo del loro uso.

Ma allora quando scegliamo lo scopo delle nostre azioni, cosa stiamo guardando ?

Non mi definisco un credente secondo l’accezione più diffusa del termine, cioè quella legata ad un Essere che ha creato tutto ciò che vediamo e che non possiamo. Nella mia vita ho passato tante fasi, ho creduto tante cose più o meno ferventemente.
A volte mi tornano alla mente quei periodi e non riesco a sorriderne come un adulto che ripensa alle sue ingenuità di bambino.
Perché non so se sono arrivato o sono solo alla tappa di un viaggio che prima o poi finirà (?)
Pur tuttavia in ognuno dei miei passi ho trovato qualcosa da conservare, come una tessera da inserire in un puzzle del quale a volte intuisco la cornice ma che temo non saprò mai definire con una miglior precisione.

La cosa di cui mi sono reso conto è che certe cose non sono inconciliabili a meno di voler cadere nella trappola dell’ortodossia e del dogma.
La Scienza stessa ci insegna come tutto sia evoluzione e non solo per ciò che attiene la materia. Perché al variare della comprensione, della percezione, inevitabilmente deve cambiare in noi il modo di definire le cose nuove, trovare nuovi termini e scoprire che dietro il muro sfondato c’è un nuovo tunnel da percorrere e illuminare con quello che abbiamo a disposizione.

Se è vero e riconosciuto che nella superbia non c’è nulla che venga di buono, allora questo principio dovrebbe essere applicato in qualsiasi settore della nostra esperienza umana.

E io non so decidere.
Non so decidere in cosa credere, la mia mente immagina ma è limitata. Anche se non è la stessa di ieri. Come per tutti noi del resto.
In essa trovano spazio i credo di ieri, le convinzioni di oggi e le speranze di domani.
E la mia speranza è che spero nella mia limitatezza.
Mi spiego: spero di immaginare un infinitesimo di quella che è la Verità.

Abbiamo per un motivo o per l’altro che non sto a spiegare, dal mio punto di vista, abbandonato il dubbio.
E allora o non mettiamo più nulla in discussione oppure pensiamo di poter spiegare tutto….e non lo mettiamo in discussione.
Per cui una cosa c’è in cui credo di credere ed è che l’uomo, con le sue grandi possibilità ed altrettanto grandi responsabilità che da queste gli derivano, ha bisogno del senso del mistico, del mistero.
Un mistero che sia per noi qualcosa di prezioso da conservare (come atteggiamento) ma che ci dìà un senso di unità, di simiglianza, di comune provenienza.
Quale il comune fattore di tutto ciò ?
Qui mi fermo perché poi si entra con tutti e due i piedi nella palude della materia. O forse con uno solo…

Come prima

Come prima

Hits: 41

Da quando si sarebbe capito che la pandemia del coronavirus non sarebbe finita durante la canonica stagione come tutti gli anni, qualcuno ha avuto l’ardire di pensare che la paura di morire, l’infinita serie di problemi (molti dei quali hanno contribuito ad aumentare il numero dei morti), la solitudine forzata, la rottura di tutte le nostre routine quotidiane.. qualcosa sarebbe cambiato nell’animo umano. L’illusione, la stanca speranza senza nemmeno troppa convinzione però, che l’essere umano sarebbe inevitabilmente e definitivamente cambiato…. almeno per un po’.

Io non so se siano i famigerati colpi di coda, ma mi pare che almeno fino ad oggi, a virus in corsa, ognuno di noi forse (perché spero di sbagliarmi) è rimasto quello che era. Ha paura e come colui che ha paura per la propria vita a causa di qualcosa che non vede, tende ad affidarsi a ciò che non vede come se questa cosa cui si affida facesse parte dello stesso regno di provenienza del male.

Ma al di là dei discorsi immateriali, ho notato che il male di tanti non mette alcun freno all’ingordigia dei soliti. E per soliti mi riferisco a chiunque, di qualsiasi estrazione che, forse per una fede innata nel fatto che “fine del mondo o no” le cose continueranno, pensa ancora ad accumulare, a raggirare, a felicitarsi di far fesse quante più persone possibili.
Ognuno di essi nel proprio piccolo, a modo loro dice: chi se ne frega ? mors tua, vita mea.

Poi c’è chi non trovandosi nella possibilità di fare altrettanto, crepa dalla rabbia di vendetta, sperando nella punizione esemplare di coloro che in fondo sono solo loro miti irraggiungibili. O presunti tali. Magari avendo meno timore di quella punizione tanto invocata, magari per via di una morale mal sopportata e non abbastanza ricompensata, non trovano il coraggio o la giustificazione per fare allo stesso modo dei loro eroi.

Io non so se potrà mai esserci un cambiamento. Le persone per bene, o che conoscono ciò che è buono, se hanno la forza di resistere, resteranno quel che sono. Nella loro dimensione continueranno ad essere un valido esempio per chi vuol passare dalle parole ai fatti.
Anche alle parole e basta. Ché già anche nelle parole si vede il marciume che avvelena le nostre giornate.

C’è un’immagine per la quale FB è rappresentato da un paio di mani che versano del cibo sul piatto dell’ego. E’ riduttivo.
O meglio sempre di ego si tratta, anche nel riaffermare le proprie inemendabili convinzioni. Che poi il più delle volte sono convinzioni altrui. fatte proprie senza un briciolo di critica.

Ma ora che mi fermo un attimo a riflettere… capisco quanto io sia polemico.
Dopotutto è ciò che mi viene sbattuto in faccia tutte le volte che ho qualcosa da dire al di fuori del “mainstream sognante”. Quello dei giorni in cui tutto va bene e tutto è perfetto e bello.
E allora.. anche quello che ho scritto qui sopra… è meglio scriverlo qui, dove nessuno legge se non per puro incidente.
Che tanto non mi servono altre persone per spiegarmi quanto io sia sbagliato.

Gli altruisti sono antipatici. E la colpa è solo loro – Il Sole 24 ORE

Gli altruisti sono antipatici. E la colpa è solo loro – Il Sole 24 ORE

Hits: 59

Il titolo è un po’ fuorviante e non mi convince nella spiegazione relativa all’avversione verso i “troppo zelanti” i “troppo altruisti” come una sorta di condanna sociale e che possiamo trovare in quei luoghi dove certe ideologie si sono storicamente fatte maggiormente strada (guarda caso). Il fatto è, secondo me, che si può cercare di insegnare o anche caldamente consigliare (diciamo così) che certi modi di essere e fare debbano provenire un po’ da tutti e non solo da una sorta di “super eroi” dell’altruismo che automaticamente relega quella filosofia a quasi totale appannaggio di persone particolarmente volonterose e nessun altro. In una società che davvero pensa anche a chi non ce la fa, oltre ad eliminare quei fattori che determinano la discesa sociale, è più che giusto promuovere dei comportamenti che creino un solido e diffuso sostegno come regola da porsi collettivamente. E non lasciare solo l’iniziativa alla “bontà d’animo” del singolo. Un po’ come funziona la carità dove l’assistenza latita (non assistenzialismo sterile che alla fine assomiglia alla carità e spesso è indice di spreco di risorse soprattutto perché spesso assegnate in maniera arbitraria e per nulla funzionale).
In definitiva non dimentichiamo che è pur sempre IlSole24Ore.

di seguito l’articolo

In Italia, queste posizioni hanno acquistato, negli ultimi anni, una forza di persuasione notevole, fino al punto di condizionare spesso il dibattito pubblico e perfino l’azione politica

Sorgente: Gli altruisti sono antipatici. E la colpa è solo loro – Il Sole 24 ORE

La sedicente sinistra italiana

La sedicente sinistra italiana

Hits: 165

Salvini fomenta sentimenti razzisti e nazionalisti, dirottando sui migranti la paura e la rabbia degli italiani. Il suo consenso si alimenta del disagio economico e sociale – e al contempo, in quanto leader di destra, le sue proposte economiche saranno comunque sempre favorevoli agli italiani più ricchi.

Ma se i lavoratori e i disoccupati credono alle stronzate di Salvini e lo votano è perché almeno si sentono “riconosciuti” da lui. Non esiste nessuna forza politica di sinistra che si rivolga a queste persone riconoscendo la legittimità della loro rabbia e proponendo una spiegazione del loro disagio alternativa a quella della destra.

Lo slogan di Salvini “Prima gli italiani” non è una roba campata in aria, ma la seconda parte di un ragionamento preciso e lineare: “Non ci sono risorse per tutti, quindi prima gli italiani.”

Il centro-sinistra risponde che “Un italiano non viene prima di uno straniero”: non si preoccupa cioè di scalfire in alcun modo la premessa del ragionamento.

Noi restiamo convinti, invece, che Salvini lo si sconfigga solo dimostrando l’errore della sua analisi.

Sorgente: Domande e risposte di un sondaggio tra le Sardine | Contropiano

Too close to the ground

Too close to the ground

Hits: 7

Avevo un sogno che fino a un po’ di tempo fa era ricorrente. Salivo su di un marciapiede alto pochi centimetri rispetto al piano stradale e da lì “spiccavo” il volo compiendo un salto.
La cosa era già ridicola così: da una simile altezza come avrei potuto volare davvero ?
E poi volando, mi abbassavo e mi abbassavo sempre di più verso il terreno, fino a quasi strisciare, mentre cercavo di sbattere le braccia per non toccare terra.
Ma questo sforzo era oltretutto vano perché così vicino al terreno come mi trovavo, le braccia non avevano che uno spazio limitato per potersi muovere e tenermi su.
Ricordo il senso di frustrazione e impotenza nel non poter fare nulla di più che fluttuare tra l’aria e la terra… fino a che mi svegliavo. O almeno io questo credevo ma mi ritrovavo ancora su quel marciapiede.
E via di nuovo in un loop infinito…fino al definitivo risveglio.
Col senno di poi non ho potuto fare a meno di pensare a quanto questo sogno fosse stata la metafora della mia vita. O almeno di come io sento di averla vissuta.
Non cerco compassione, non voglio parole che mi dicano: “ma no dài, cosa dici ? non essere così pessimista”.
Questa è la mia visione, magari parziale, magari autocommiserante, ma questa è, e non voglio fingere che sia diversamente da come sento.

A volte succede di poter pensare che “grandi pianure potrei, trovare io” ma accade sempre qualcosa che mi ricorda di non volare mai troppo in alto. Vorrei dire che ci fai l’abitudine: illuso. Non ce la si fa mai.

Sardine in scatola

Sardine in scatola

Hits: 37

Dopo le liste civetta, i movimenti sardine

Hanno resistito poco. Le sardine alla fine si sono scoperte come i soliti pesci sotto sale. Su FB i gruppi sono fioccati numerosissimi e affollati nel giro di pochissimi giorni.

Non si è trattato solamente del passaparola, dalla prima città dove il “fenomeno” è in teoria partito, sono state organizzate in men che non si dice manifestazioni sparse da Nord a Sud.

La novità avevano detto. E forse di novità, ma nemmeno tanto, è potuto essere solo il numero di persone scese in piazza in un periodo in cui la cosiddetta opposizione al Salvinismo era stato lasciamo alla flaccidità di un centrosinistra troppo preso tra le divisioni e ricomposizioni interne e l’inseguire la destra nelle sue politiche neoliberiste.

Bastava andare dentro un gruppo e leggere non tanto i link pubblicati che bene o male erano da richiamo, quanto piuttosto i commenti pubblicati sotto di essi.

Parola d’ordine “antifascista” oppure “né di dx né di sx”

La parola d’ordine è “antifascismo” ma non hanno tardato coloro che han tenuto a puntualizzare che oltre ad essere antifascisti bisognasse essere anche anticomunisti.

Fino a dichiarare che la resistenza  antifascista aveva così tante sfaccettature che quella socialcomunista alla fine era marginale e comunque tranquillamente trascurabile ai fini degli esiti della guerra di liberazione.

Non vi viene in mente il già sentito “né di destra né di sinistra” ? O similarmente “non esiste né la destra né la sinistra” ?

Erano gli slogan del Movimento 5 Stelle che ha provato sulla propria pelle, quanto questi assiomi fossero tragicamente fallaci alla prima seria prova legislativa su argomenti che andavano a toccare interessi di una certa consistenza.

E ancora, sarà per questo che quasi in contemporanea il PD tramite Zingaretti si è definito “antifascista”

Bisogna dire anche, come normale che fosse, che le sardine si son trovate tra i loro branchi, pesci provenienti dai mari più disparati.

Ma mentre era normale che chi puzzasse di centro-destra venisse subito individuato e scoraggiato, coloro che han tentato di indirizzare le sardine verso una coscienza politica che non si arrestasse a semplici principi generici e ai richiami alla politica “educata”, sono stati bollati come estremisti alla stregua dei fascisti.

Anzi l’appellativo fascista è diventato sinonimo di pensiero radicale. E non importa da quale area politica questo provenga. “La canti diversa dal coro ? Sei fascista !”

E via col ban.

Il solito voto utile

Io sinceramente dopo aver visto queste cose me ne sono uscito senza alcun rimpianto. Ma la sorpresa che poi sorpresa non era, è stata quando parlando delle elezioni in Emilia Romagna, è tornato sugli scudi il tema del voto utile.

E quando si parla di voto utile e non si vota Lega, FdI o Forza Italia, chi è il paladino salvatore della patria ?
Esatto: il PD.

Ed ecco che cade la maschera e quello che poteva almeno vedersi come uno scuotersi dal torpore dell’inattività politica da parte del cittadino medio, si è rivelata essere la solita trappola-chiamata-alle-armi del Partito Democratico, molto avvezzo a queste pratiche.

Ve li ricordate i girotondi ?

Ricordate i personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura, anche della musica che presero più o meno posizione contro il berlusconismo imperante in quegli anni, trascinando con loro molti cittadini e scrollandoli dal sonno di vent’anni di regno dell’Homo Arcorensis.

Dopo un certo periodo in cui questi cercavano di muovere il maggior partito di opposizione da una deriva di impotenza parlamentare autoindotta, un bel giorno in TV arrivò un certo D’Alema, che con il suo solito sorrisetto affermò “E’ tempo che la politica si riappropri del suo ruolo”.

Come dire: ok, va bene.. abbiamo capito, vi siete anche divertiti, avete avuto il vostro proverbiale quarto d’ora di celebrità…, ma adesso, i bambini tutti a casa che tornano gli adulti.

Ecco, anche se allora le tematiche guardavano più alla legalità da un lato e il decoro dall’altro (perfettamente disegnato sui margini del modello berlusconiano), stavolta le sardine sono partite dall’antifascismo, da una politica con la camicia dentro in pantaloni e il bavero piegato bene.

Programmi economici ? Nemmeno l’ombra.

Insomma, crisi occupazionale, salari che si riducono, lavoro precario e sicurezza sul lavoro inesistente, però. Però civilmente educati.

Qualcuno ha detto che le sardine non fossero altro che il PD dei giovani ma senza la faccia di Renzi che oramai ha anche una certa età e non è più credibile.

Sono sicuro che molti non se ne rendono conto e magari cercano di sognare qualcosa di diverso e più efficace di un semplice accontentarsi di battere Salvini nelle piazze e permettere al PD di farlo nelle urne.

Purtroppo però per loro, se non si attapperanno le orecchie e diranno “lalalalalala non sento” capiranno ben presto che tutto si sgonfierà dopo le tornate elettorali e tanti dei capi, quelli almeno che avranno visibilità andranno a rimpolpare le file dei Giovani Democratici.

Spero di sbagliarmi, ma sfortunatamente per questo genere di cose, è successo raramente.

Tutti insieme appassionatamente

E se il buongiorno si vede dal mattino, allora diventa indicativo persino che una craxiana di ferro prima (“Voto PSI perché Bettino mi ha promesso che…”) e poi candidata con Letizia Moratti nel 2011 come Ornella Vanoni, sia accettata con tutti gli onori dopo il suo outing verso le sardine.

Va bene un link del PdC Conte che “umilia” Salvini (un titolo che ricorda tanto quello di stampo grillista), dimenticando che Conte è stato al governo con Salvini.

E poco conta che ogni tanto qualcuno tiri fuori una bandiera rossa, o un Che Guevara con l’immancabile commento che richiama i crimini dei rossi comunisti mangia bambini.ù

Per finire, tra le sardini trovi qualsiasi tipo di pesce a partire da Conte, per approdare quindi alla Vanoni, al Papa, Guevara, Pertini, Berlinguer e una spruzzata di Bella Ciao, mentre c’è chi raccomanda di utilizzare come inno “Nata sotto il segno dei Pesci” di Venditti.

Insomma, tutti uniti contro la deriva salviniana, mentre si continua a non capire che Salvini al governo ce lo porterà proprio il PD con le sue politiche contro il lavoro e coloro che sono davvero i più colpiti dalle politiche incentrate sull’austerità tanto care alla UE.

E allora per citarne un altro, diremo: chi vivrà. vedrà.


Nazionalizzare. Sì, le perdite.

Nazionalizzare. Sì, le perdite.

Hits: 15

Ovvero come faccio finta di risolvere un problema regalando soldi ai privati.

Una storia già vista

Alitalia, una storia già vista e raccontata. Una società che è diventata, se possibile, la miglior rappresentazione di come le aziende che siano pubbliche o privatizzate, vengono gestite secondo il solito concetto del “vieni a sederti a tavola ché bene o male qualcosa se magna”.
Tanto poi per chi paga, non sarebbe nemmeno tanto corretto usare il proverbiale “noi”, perché non è vero che le tasse le paghiamo tutti e soprattutto non secondo la reale capacità contributiva di ciascuno di quel “noi”.
Salariati, partite IVA sfigate, autonomi e piccole imprese (timorose di diventare quasi come quelle foto che le polizie sudamericane mostrano su tutti i giornali per far vedere come il loro governo combatta “davvero” la droga).

Certamente uno potrebbe obiettare che secondo i numeri, i grandi contribuenti sono le grandi imprese.
Ma se qualcuno ha studiato l’economia spicciola delle scuole superiori, capisce immediatamente quanto questo contributo risulti piuttosto marginale rispetto a quello dei minori.
Per non parlare poi delle multinazionali che versano percentuali inferiori alle dita di una sola mano…

E siamo daccapo

Detto questo, puntuale come la morte (le tasse no, se avete letto qui sopra) arriva l’immancabile notizia dell’imminente chiusura di Alitalia.
Se prima il must era quello dell’orgoglio nazionale, paravento dei cosiddetti populisti (vedi di qualsiasi posizione nei sedili del Parlamento, ora c’è quello della responsabilità(**).
E io già mi chiedo quale sarà la prossima parola d’ordine anche se già potrei anticipare un “però stavolta per davvero, dài”.

Fatto sta che come allora, dopo il riapparire della parola “nazionalizzare” torna di nuovo il tanto amato adagio che recita onori privati e pubblici oneri. Qualcosa che anche un sincero ed onesto europeista fedele alle direttive del Politburo economico (in questo caso quello bbbuono) di Bruxelles, riconoscerebbe come aiuto di Stato a imprese private.

Praticamente con Berlusconi lo Stato (leggasi: i partiti al governo che poi cambiano di volta in volta in quanto lo Stato siamo tutti noi e sarà sempre quello fino a che durerà) ha diviso Alitalia in una “bad Company”(coi debiti) e una buona (la parte verniciata a nuovo e ripulita a bilancio), la prima sul groppone di tutti noi. La seconda di nuovo gettata tra le braccia di fantomatici “capitani (d’industria) coraggiosi” che di coraggioso avevano solo la faccia nel farsi chiamare così.

Ministero dello Sviluppo Economico.
Ok, ma di chi ?

Come da copione, dicevamo, la pacchia è durata poco, il fondo del barile raschiato ancora e siamo tornati al punto di prima.
Ma noi che di fantasia ne abbiamo tanta, anziché in due parti stiamo già pensando di dividerla in 3. Però stavolta con un commissario anziché i due di allora, o magari i potenziali tre di stavolta. Siamo o non siamo finalmente diventati virtuosi ?

Il paese del lamento e della moderazione orientata

Ma intanto teniamo buoni i tanti che votano per quel partito che “se non ci fossimo stati noi, in Italia sarebbe scoppiata la rivoluzione”.
Costui forse mente sapendo di mentire o non conosce affatto il popolo italiano: la maggior parte si lamenta ma poi basta il classico piatto di lenticchie per concederti di nuovo le sue pudenda. Ma con un grandissimo sospiro !

Che poi a me sinceramente starebbe un po’ sulle palle sentire il coro di quelli che E IO PAGO ! quando con un colore o con l’altro, questi non hanno fatto altro che votare questa economia che altro non sa e non può fare, se non ancor peggio. Ma…c’è sempre tempo 😉

P.S. a proposito, io terrei d’occhio anche FF.SS., Ilva, Autostrade etc.etc.

Natura Umana ?

Natura Umana ?

Hits: 7

DATA
Mi scusi, disturbo ?
RIKER
No, si sieda.
DATA
Lei conosceva bene il Tenente Aster ?
RIKER
Abbiamo passato insieme un po’ di tempo… non molto bene.

Data attende ancora, il suo sguardo molto incuriosito.
RIKER
E lei, la conosceva bene ?
DATA
Perché me lo chiede ?
RIKER
(sorpreso)

Beh, intendo… lei mi ha appena chiesto…
DATA
Ma perché mi fa questa domanda ?
Mi è stato chiesto più volte di definire “quanto bene io conoscessi il Tenente Aster” da quando è morta. E le ho sentito chiedere a Wesley sul ponte se conoscesse bene Jeremy.
La questione della familiarità ha forse una qualche relazione con la morte ?
RIKER
Si ricorda come ci siamo sentiti tutti quando è morta Tasha ?
DATA
Non percepisco gli stessi sentimenti di.. assenza.. che associo al Tenente Yar.. anche se, non so dire esattamente il perché…
RIKER
Questa è solo la natura umana, Data.
DATA
Natura umana, signore ?
RIKER
Sentiamo una perdita più intensamente quando si tratta di un amico.
DATA
Ma i sentimenti non dovrebbero essere altrettanto profondi, indipendentemente da colui che muore ?
RIKER

(Riflettendoci bene, prima di rispondere)
Forse dovrebbero esserlo, Data. Forse se sentissimo lo stesso dolore, la stessa angoscia per ogni persona che ci sta intorno, la nostra storia sarebbe molto meno sanguinosa.